Quando è nata la traduzione?
La PRIMA TRADUZIONE DELLA STORIA, eseguita addirittura prima che venisse fondata la Lionspeech, pare che sia quella del primissimo poema epico dell’umanità giunto a noi, in seguito denominato Epopea di Gilgameš (è l’epopea classica babilonese).
Si tratta appunto di un’epopea babilonese il cui nucleo principale risale ad antichi racconti mitologici SUMERI che vennero rielaborati e TRADOTTI dalla lingua sumera e incisi in lingua accadica su dodici tavole di argilla. Le tavolette furono poi rinvenute tra i resti della biblioteca reale nel palazzo del re Assurbanipal a Ninive, capitale dell’impero assiro.
Questa traduzione dall’antico sumero alla lingua accadica degli assiri è attribuita allo scriba ed esorcista cassita Sîn-lēqi-unninni.
Si può quindi dire che Sîn-lēqi-unninni sia il PRIMO TRADUTTORE DELLA STORIA. Non sapendo però quali fossero le sue competenze, né avendo l’originale sumero tra le nostre mani, nessuno saprà mai valutare se la sua traduzione in accadico dell’Epopea di Gilgameš sia stata ottima o scadente. Si può comunque dire che per lo meno, a differenza di molti straordinari traduttori odierni, lui è rimasto nella storia!
L’opera sumerica risale al 2500 ac e la sua traduzione in accadico (la lingua degli assiri e dei babilonesi) si colloca verso il XII secolo ac.
Traduzione e religione
A parte queste opere epiche, oltre a commedie e trattati medici, nell’antichità la necessità di traduzioni si lega prevalentemente ad esigenze religiose e spirituali e la prima vera grande traduzione della storia può dirsi la traduzione dall’ebraico al greco dell’Antico Testamento, eseguita nel III° secolo ac. All’epoca gli ebrei, sparsi nel bacino del Mediterraneo, avevano quasi tutti dimenticato l’ebraico.
Era quindi necessario fornire loro una traduzione in greco affinché potessero capirla.
Il faraone d’Egitto, che all’epoca era greco, Tolomeo II (regno 283-246 ac) , della dinastia ellenista dei Tolomei, convocò settanta studiosi, detti per l’appunto i Septuaginta, ad Alessandria d’Egitto, la capitale, e diede loro l’incarico di tradurre l’Antico Testamento dall’ebraico al greco, per ottenerne 70 versioni. Chiuse i settanta studiosi in settanta stanze di una villa sull’isola di Pharos, davanti al porto di Alessandria, per favorire la loro concentrazione.
La leggenda vuole che costoro impiegassero soli 72 giorni per finire il lavoro (all’epoca non c’erano distrazioni come i social network o Barbara D’Urso) e che, miracolosamente, le 70 traduzioni fornite fossero tutte identiche.
La Bibbia dei Septuaginta costituisce la base di tutte le successive traduzioni del Sacro Testo.
Traduzioni in latino delle commedie greche
Un altro grande traduttore dell’antichità è stato Terenzio, che ha adattato in latino molte commedie greche, nel II° secolo ac.
Secondo Terenzio un traduttore non svolge un ruolo meccanico o passivo ma contribuisce a trasferire le emozioni di una cultura in un’altra cultura, svolgendo un compito da vero artista. Allo stesso modo la pensava Cicerone, che giudicava anch’egli il traduttore un artista e nella sua opera “De Oratore”, nel 55 ac, sosteneva che il traduttore non dovesse tradurre parola per parola (verbum pro verbo) ma a senso, ovvero, come scrisse, le parole non dovevano essere ritenute monete da contare, ma monete da pesare.
Oltre a questo, nell’Antica Grecia molte teorie mediche di Platone e Galeno provengono certamente dall’India e quindi è certo che essi attinsero a testi tradotti.
San Girolamo e la traduzione della Bibbia in latino
Successivamente, nel IV secolo dc, San Gerolamo (347–420 dc), proclamato poi dalla Chiesa come il patrono dei traduttori, tradusse la Bibbia in latino, producendo la cosiddetta Vulgata, ovvero la Bibbia ufficialmente accettata dalla Chiesa Cattolica Romana.
Nella sua Lettera a Pammachius del 396 dc San Gerolamo afferma che la traduzione non deve essere “parola per parola” ma “senso per senso” (“non verbum e verbo sed sensum de sensu”). Questo contrariamente a Sant’Agostino, che sosteneva l’obbligo di tradurre letteralmente il testo originale. San Gerolamo può pertanto dirsi il “campione” dei traduttori “non alla lettera”.
Questo ha però attirato molte critiche sulla sua Vulgata della Bibbia.
San Gerolamo si è preso delle libertà, in base al proprio sentire. Ad esempio, quando il profeta Isaia annuncia che il Messia sarà partorito da una “almah”, che è un termine ebraico che si riferisce a giovani danzatrici della corte di re Salomone e significa in verità solo giovane e nubile, San Gerolamo traduce il termine con “vergine”, per sottolineare l’omogeneità con il Nuovo Testamento, ove la Madonna è vergine.
Inoltre, come fatto rilevare dal noto traduttore Mark Polizzotti, nel suo capolavoro del 2018 “Sympathy for the Traitor” (Solidarietà con il Traditore, che sarebbe il Traduttore), San Gerolamo sceglie di chiamare il frutto offerto da Eva ad Adamo MELA, mentre potrebbe essere un’albicocca, un arancio o una banana (nell’originale non è chiarito) solo per la similitudine tra le parole latine “malus/malum” (mela/male).
Le prime traduzioni in Estremo Oriente
Anche in Estremo Oriente la traduzione ha origini antichissime e anche in quel mondo si discusse se le traduzioni dovessero essere letterali o a senso.
Le prime traduzioni che appaiono in Oriente sono traduzioni dal sanscrito al cinese di testi buddhisti, eseguite da monaci buddhisti.
Il più famoso di questi monaci è Kumārajīva, un uiguro nato nel 344 o 350 dc e morto nel 413.
Kumārajīva tradusse un’immensa mole di testi dal sanscrito al cinese, contribuendo così a plasmare e diffondere il Buddhismo in Cina. Si può dunque dire che se oggi il Buddhismo è una religione così diffusa è anche merito di un traduttore!
La sua traduzione più famosa è quella del Sutra del Diamante, destinato ad essere un testo fondamentale del Buddhismo Zen. Dopo la sua traduzione ne sono state fatte altre centinaia, ma la traduzione di Kumārajīva rimane ancora oggi, dopo secoli, la più popolare, proprio perché meno letterale e fedele al testo originale di successive traduzioni.
Kumārajīva seppe cogliere l’essenza del sutra e la sua traduzione risulta più ricca di colore e godibile di successive traduzioni più rigorose e…noiose.
Il Sutra del Diamante tradotto da Kumārajīva, nella versione pubblicata nel 868 dc, rappresenta il LIBRO PIÙ ANTICO PUBBLICATO AL MONDO.
E così il più antico libro “ufficiale” al mondo è una traduzione, il che fa di Kumārajīva probabilmente il più celebre traduttore di tutti i tempi (in Oriente).
Un altro celebre traduttore è il cosiddetto “Marco Polo cinese” ovvero il monaco buddhista ed esploratore Xuanzang (604 – 662), che compì un pericoloso viaggio lungo la Via della Seta, diretto in India, al fine di rintracciare e tradurre in cinese testi buddhisti in sanscrito. Questo straordinario personaggio, nato confuciano, si convertì al Buddhismo in giovane età e girò a piedi mezza Asia, sfidando più volte la morte e giungendo in India.
Lì raccolse e poi tradusse la bellezza di 657 sutra (corrispondenti a 74 volumi) dal sanscrito al cinese, contribuendo così in modo decisivo alla diffusione del buddhismo in Cina e preservando molti testi il cui originale è andato perduto.
Xuanzang, che girava con i sutra da tradurre infilati in tre grandi canestri, che portava appesi alla schiena, tipo zaino gigante, è uno dei personaggi più noti della letteratura cinese, avvolto da un’aura leggendaria ed è …un traduttore!
Nessun traduttore odierno riuscirà mai a ripetere il successo di Xuanzang, ma resta comunque il fatto che noi di Lionspeech facciamo di tutto per dare valore a questo lavoro spesso sottovalutato, ma che richiude in sé una ricchezza inestimabile per il commercio e la storia.
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